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Il mio lavoro come psicologa a Casa Base

Come aiutare i bambini gravemente traumatizzati a riprendere in mano la loro vita e a non rimanere prigionieri delle esperienze negative vissute?
La strada da percorrere è quella dell’elaborazione dei traumi attraverso un percorso psicologico. È il lavoro di cui si occupa Sabrina Farci, una delle psicologhe dell’èquipe clinica delle Comunità di Casa Base. Diamo lei la parola!

IL MIO LAVORO

“L’infanzia di questi bambini – spiega Sabrina – è segnata da gravi traumi derivanti da esperienze sfavorevoli vissute. Il percorso terapeutico ha l’obiettivo di aiutarli a elaborare i traumi subiti e a ripristinare in loro la fiducia negli adulti e in un possibile futuro”.

In molti casi anche i genitori vengono accompagnati in un percorso psicologico con l’intenzione di aiutarli in un graduale riavvicinamento al figlio.


A questo si affianca il supporto a progetti di affido e adozione: i minori che non possono rientrare in famiglia necessitano infatti di progetti alternativi, disposti dal Tribunale per i Minorenni, quali affido e adozione. Ve ne abbiamo già parlato, riportandovi le testimonianze di famiglie affidatarie e di ragazzi che hanno concluso con successo il percorso nel loro Fuori Campo.

“Accompagniamo i bambini in questi nuovi contesti gradualmente per consentire loro di sviluppare la fiducia e la possibilità di nuovi legami, cercando di contenere le ansie le paure ancora presenti dentro di loro. È un lavoro faticoso, ma appassionante e coinvolgente che mi dà la possibilità di vedere l’evoluzione e il cambiamento di questi bimbi”.

IL MIO LAVORO DURANTE IL LOCKDOWN

“Durante il periodo di lockdown causato dal Covid-19, il lavoro psicologico con i bambini e con le famiglie è proseguito. Abbiamo utilizzato le piattaforme online che ci hanno dato la possibilità di mantenere il contatto con i giovani ospiti delle Comunità, per monitorare il loro equilibrio emotivo in un momento così delicato di chiusura totale all’esterno, ma anche di proseguire i percorsi individuali e i temi psicologico soggettivi intrapresi nei mesi precedenti.

I bambini si sono mostrati capaci di adattarsi in modo assolutamente positivo a questo nuovo assetto, dimostrando di riuscire a proseguire, ovviamente con intensità diverse a seconda dei soggetti, i percorsi di riflessione e elaborazione”.

Il senso di maggior protezione dall’esterno e la maggior vicinanza e contatto con gli educatori ha, paradossalmente, facilitato in alcuni bambini, la possibilità di esplicitare vissuti ed esperienze traumatiche subite. Questo ha consentito di effettuare un lavoro di elaborazione intensivo ed efficace.

“La mia frustrazione, – prosegue Sabrina – in questa situazione, è stata quella di non poter mostrare vicinanza e contatto fisico, ma soltanto verbale, cercando di trovare le parole per sostenerli, in un momento di dolore ed intensità emotiva così coinvolgente”. Per questo, spesso, le sedute sono state effettuate con la presenza dell’educatore che, oltre ad avere una funzione ausiliaria del pensiero del bambino, ha avuto un ruolo fondamentale di vicinanza e supporto emotivo.

UNA SFIDA, UNA SODDISFAZIONE

“Nel corso dell’ultimo anno la sfida intrapresa è quella di un progetto di riavvicinamento di una mamma con il proprio figlio. Siamo partiti da una condizione di pregiudizio, abbiamo fatto un lavoro di recupero, di fiducia e di valorizzazione delle risorse positive resilienti del genitore, Anche il Tribunale ha dato fiducia a questo progetto ed ora il minore sta facendo i primi rientri a casa. La possibilità di ristabilire i legami familiari originari è sempre per noi condizione prioritaria da tentare e da salvaguardare, pur immaginando di mantenere nel tempo supporti e monitoraggi dei servizi”.

L’opportunità di farsi aiutare nei momenti di difficoltà, la possibilità di condividere le fatiche e metterle in parole rappresentano per noi alcuni degli obiettivi che vorremmo che i nostri piccoli e grandi pazienti si portassero via dopo l’esperienza di Casa Base, nel proseguo del loro viaggio verso il futuro.